un film di Arnaud Desplechin
FRANCIA - 2021 - durata 100 minuti
PRESENTATO AL 74. FESTIVAL DI CANNES (2021) NELLA SEZIONE ‘CANNES PREMIERE’.
Interpreti: Denis Podalydès, Léa Seydoux
SINOSSI
Storia di Philip, un celebre romanziere americano che vive a Londra nel 1987, e delle varie donne della sua vita: la moglie, l’amante inglese che va a trovarlo regolarmente nello studio che funge da rifugio. Ma anche una studentessa che ha amato in un’altra vita, un’ex amante rinchiusa in un ospedale di New York e altri personaggi femminili più o meno reali e, talvolta, anche sognati…
LA PAROLA AL REGISTA
“Deception è una professione di fede. Credo nell’intreccio tra arte e vita. Penso che l’arte non abbia valore se non contiene vita viva e che la vita non abbia senso se non ci sia l’arte a portarci sollievo. Credo anche nel gioco dello scrittore che scompare dietro le sue maschere. Da spettatore, ho sempre avuto un rapporto conflittuale con il cinema “realista” e con tutto ciò che rinchiude la gente in una sorta di camicia di forza sociale. Deception è un concentrato della mia posizione. In quel paradiso che è l’ufficio dello scrittore, tutti i personaggi possono reclamare la loro libertà e rifiutare di essere rinchiusi in una scatola. Hanno scelto la libertà.
L’ufficio è il cuore del film. C’era però una difficoltà da superare rispetto al romanzo di Roth da cui il film è tratto: come mettere in scena i frammenti di dialogo senza annoiare lo spettatore? Come far sì che il testo, che sembra circolare, diventi un romanzo, si accenda e dia un peso a ogni parola? L’adattamento ha richiesto un grande sforzo che mi è costato fatica ma che mi ha deliziato. Come dice il giovane esiliato ceco, nessuno dei personaggi di Deception è al suo posto. Né gli esuli cechi né l’amante inglese con il suo triste matrimonio. Nemmeno Rosalie nel suo ospedale. L’unico che ha trovato il suo posto è lo scrittore, nel suo ufficio, quando scrive o ascolta… Ma questo posto ha il suo prezzo: la solitudine e una certa austerità. Deception racconta di persone che si sentono fuori posto, lo scrittore le ascolta e ne trascrive le parole.
Il mio film è ambientato negli anni Ottanta in Inghilterra ed è girato n francese. Inizia in un teatro ma poi si sposta in ambienti naturali di diversi paesi, come se volessi invitare tutti ad attraversare metaforicamente i confini. Il testo originale è un elogio all’esilio e in esso ho ritrovato la mia fascinazione per l’Europa orientale. Sono cresciuto in un Europa spaccata in due dalla Cortina di Ferro e non la voglio dimenticare. Viviamo tutti in mondi molto diversi e separati. Ma, alle volte, possiamo scappare e spostarci da un mondo all’altro! Il mondo di oggi non è diviso in due parti ma in mille: uomini e donne, ricchi e poveri, ebrei e non ebrei, dittature e paesi liberali… Lo studio dello scrittore è l’utopia della psicoanalisi: saper catturare se stessi ovunque si viva. Philip ha scelto il suo esilio, lo loda mentre gli altri personaggi, in esilio dalla loro patria o da se stessi, lo vivono con sofferenza. Quando parliamo e dissimuliamo non faccio altro che spostarci tra due mondi, quello in cui viviamo e quello a cui aspiriamo.
Nel mio film, come nel romanzo, le donne sono le regine. Roth ha prestato attenzione alla voce di ogni personaggio femminile. Dove altri avrebbero chiesto alla donna di dimostrare la sua eccellenza, Philip accoglie ogni parola della sua amante come qualcosa di prezioso”.
VOST: VERSIONE ORIGINALE SOTTOTITOLATA
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